A fine settembre alla reggia di Venaria si incontreranno i ministri del lavoro, dell’industria e della ricerca di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Francia, Giappone, Germania e Canada.
L’incontro doveva svolgersi a Torino, ma in luglio gli appuntamenti torinesi, comprese le cene e le visite culturali, sono stati cancellati o spostati a Venaria. Solo gli sherpa delle delegazioni verranno ospitati nell’albergo di lusso di piazza Carlina, fiore all’occhiello della “nuova” Torino, quella che negli ultimi vent’anni ha allontanato dal centro gli abitanti più poveri, cambiando poco a poco pelle.
La decisione di relegare il summit nella reggia di Venaria è stata presa perché il governo teme le contestazioni di chi non ha casa, reddito, pensione, di chi fa mille lavori precari e supersfruttati, di chi non crede che il lavoro gratuito sia educativo.
Il governo ha paura che tanti si ribellino a chi sta costruendo un futuro peggiore del presente che siamo forzati a vivere.
L’impegno dei movimenti sociali in vista del G7 è ovviamente di rendere reali i timori di Gentiloni, Minniti, Padoan…
Torino è stata per decenni uno dei laboratori in cui si sono sperimentate imponenti strategie di asservimento e controllo sociale, indispensabili alle grandi trasformazioni in atto. È quindi luogo simbolico e reale di uno scontro di classe durissimo, col quale governanti e padroni, nonostante i tanti punti segnati, esitano a confrontarsi.
Dall’auto al Luna Park
Torino si è convertita da città dell’auto a vetrina di grandi eventi, un grande Luna Park per turisti, mentre le periferie sono in bilico tra riqualificazioni escludenti e un parco giochi per carabinieri, alpini e poliziotti.
Sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra sono i tasselli del puzzle che disegna il nostro vivere.
La gente delle periferie sente in bocca il sapore agre di una vita sempre più precaria.
L’amministrazione è stata per decenni nelle mani del Partito Democratico.
Oggi governano i Cinque Stelle. Bisognava che tutto cambiasse perché ogni cosa restasse come prima. La nuova sindaca è apprezzata dalle banche, dai padroni, da settori del movimento No Tav, da alcuni centri sociali e dai comitati xenofobi e razzisti. Un gran minestrone sulla cui tenuta è lecito interrogarsi, senza tuttavia farsi eccessive illusioni su possibili rapide implosioni.
Appendino imita Fassino: fa la guerra ai rom delle baracche lungo la Stura, sguinzaglia i vigili urbani a caccia di mendicanti, lavavetri, spacciatori di accendini, senza casa.
Chi aveva creduto alla retorica della partecipazione sta scoprendo che per i poveri non è cambiato nulla. La sindaca a Cinque Stelle ha subito applicato le leggi del governo Gentiloni sulla sicurezza urbana. É finita con le cariche della celere contro chi beveva una birretta in via santa Giulia.
La criminalizzazione della povertà
Lo scorso 29 agosto, il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che attua la legge, approvata nel marzo scorso, sul reddito di inclusione (ReI). Una manciata di soldi per una minoranza esigua, una mossa dallo squisito sapore elettorale. Ma anche un ulteriore salto di paradigma. I beneficiari degli assegni vengono messi sotto tutela, sottoposti al costante controllo dei servizi sociali, perché sono tenuti a dimostrare di voler uscire da uno stato del quale sono considerati responsabili.
È la quadratura del cerchio del governo del nobile Gentiloni. Per chi si piega c’è l’elemosina di Stato, per chi lotta multe, galera, manganelli e daspo urbano.
Se sei povero la responsabilità è tua, non di chi si arricchisce sul lavoro altrui, non di un sistema politico e sociale che nega una vita decorosa alla maggior parte della popolazione del pianeta.
Per il governo chi occupa una casa vuota offende il decoro, i proprietari che affittano a prezzi altissimi sono invece bravi cittadini.
Ci raccontano che viviamo nel migliore dei mondi possibili, che liberismo e democrazia garantiscono pace, libertà, benessere. Ci raccontano le favole e pretendono che ci crediamo.
Il governo dice che non ci sono soldi per ospedali, trasporti locali, scuole. Ma spende 68 milioni di euro al giorno per fare la guerra.
Gentiloni investe in telecamere, polizia, militari per le strade. L’Italia ha pagato le milizie che controllano la costa libica e gestiscono il traffico di esseri umani, petrolio e armi, perché blocchino i profughi delle guerre combattute con armi made in Italy. In agosto sono seccamente diminuiti gli sbarchi. Chi resta intrappolato finisce nelle galere libiche, dove omicidi, torture, ricatti e stupri sono il pane quotidiano. Nuovi lager stanno sorgendo nel cuore dell’Africa subsahariana.
Il candidato premier Cinque Stelle Di Maio plaude la violenza poliziesca contro gli immigrati del ministro dem Minniti.
Sul fronte del lavoro
In questi anni i padroni si sono arricchiti, i poveri sono diventati più poveri.
Il lavoro non c’è o è precario, pericoloso, malpagato.
Il job act ha fatto piazza pulita delle poche tutele rimaste a chi lavora, lasciando mano libera ai padroni.
Soffiano sul fuoco della guerra tra poveri, per mettere i lavoratori italiani contro quelli immigrati. Ci vogliono divisi per poterci meglio comandare e sfruttare.
Chi si fa ricco con il lavoro altrui non guarda in faccia nessuno. Chi governa racconta la favola che sfruttati e sfruttatori stanno sulla stessa barca ed elargisce continui regali ai padroni.
Il governo vuole la fine delle lotta di classe, la resa senza condizioni dei lavoratori.
Cigl, Cisl e Uil, veri sindacati di Stato, firmano contratti indecenti, frenano le lotte, pur di mantenere i propri burocrati e i propri privilegi.
C’è chi non ci sta, chi si ribella ad un destino già scritto, chi vuole riprendersi il futuro.
Sono gli antimilitaristi, che lottano contro le basi militari, le fabbriche d’armi, la militarizzazione dei nostri quartieri. Sono i prigionieri dei CIE che bruciano le celle e scavalcano i muri. Sono gli sfrattati che non si rassegnano alla strada e si prendono le case vuote. Sono i lavoratori che bloccano e occupano magazzini e strade per vivere meglio.
Questo G7 è un occasione per dare visibilità a chi lotta, per riprenderci le periferie, per dimostrare, che al di là della retorica su sviluppo, innovazione, ricerca, il vertice di Venaria è solo la vetrina lucida dietro alla quale c’è una realtà dove tanta parte del genere umano è diventata inutile, persino per chi si fa ricco sulla povertà altrui. Chi lavora è una pedina intercambiabile in una macchina che corre veloce la sua corsa senza limiti. Neppure quelli fisici di un pianeta allo stremo.
Per qualcuno la partita si gioca nella visibilità mediatica delle contestazioni, a costo di relegarle in zone in bilico tra il nulla metropolitano e i quartieri dormitorio della Torino del secolo scorso. Per tanti altri il vertice è una buona occasione per raccogliere le forze in vista delle dure sfide dell’autunno.
Le aree post autonome, come di consueto si muovono cercando di mantenere il complesso equilibrio tra conflitto di piazza ed interlocuzioni istituzionali in vista della tornata elettorale di primavera. Nonostante il fallimento della partita sul referendum costituzionale, continuano ad agitare lo spauracchio del ducetto di Rignano, ma sono in affanno di fronte all’esplicitarsi delle posizioni paraleghiste del premier in pectore Di Maio.
I sindacati di base non hanno saputo cogliere l’occasione, strangolati dalla competizione intorno ai rituali scioperi d’autunno, ed hanno annunciato e poi ritirato lo sciopero del 29 settembre.
Nonostante queste indubbie difficoltà ampi settori di movimento si stanno organizzando in vista del G7. Iniziative si svolgeranno in tutto il mese con un focus sul 28, 29 e 30 settembre, quando sono previste le principali manifestazioni.
Gli anarchici federati di Torino stanno costruendo spezzoni rossi e neri e fanno appello a tutti per una partecipazione ampia.
Cambiare la rotta è possibile. Con l’azione diretta, aprendo spazi politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione, intessendo reti sociali che sappiano inceppare la macchina e rendano efficaci gli scioperi, le lotte territoriali.
Roviniamo la vetrina dei padroni del mondo! No al G7!
Un mondo senza sfruttati né sfruttatori, senza servi né padroni, un mondo di liberi ed eguali è possibile.
Tocca a noi costruirlo.
i compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese
Ecco gli appuntamenti per gli spezzoni rossoneri:
Venerdì 29 settembre
ore 17.30
Corteo dei lavoratori
contro il G7
Partenza da Corso G. Cesare
n. 11, vicino a Porta Palazzo
Sabato 30 settembre
ore 14.00
Corteo contro il G7
Ritrovo quartiere Vallette in
direzione Reggia di Venaria
per info: fai_to@inrete.it